ALIGI SASSUTURALE
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La
Passione attraverso il “segno” di
Marisa Zattini La
Via Crucis… un caposaldo dell’esegesi evangelica. L’esigenza
di un messaggio spirituale a vocazione artistica universale si afferma
spesso nell’arte. Queste
quattordici riflessioni sulla Via
Crucis raggrumano una visione sincretica della “passione di
Cristo” attraverso il “segno”. L’essenzialità
va sempre diritta al cuore perché «chiarità
è carità» come sosteneva Luis Alonso Schökel. Quattordici
tappe significanti per il mistero della passione di Cristo. Esiste
una “reciprocità di segno” nell’interezza metodologica fra
mente e cuore che Paola
Campidelli applica alla narrazione dei Vangeli. Che
differenza si attua fra il Gesù “artistico”, il Gesù “reale” e
il Gesù “storico”? Nessuna: è soltanto una triade di reciprocità
che si completa. Non esiste separazione ma solo unità
soggettiva-interpretativa. È
una interazione rinnovata fra storia e fede quella che l’artista attua
in una trasposizione figurativa che perviene a quella inesauribile realtà
immaginativa che rinnova coscienza e fede. Quattordici
tappe di consapevole ineluttabile “dolore”, restituzione artistica
dell’esperienza salvifica di Gesù Cristo. Disegnare per Paola
Campidelli significa narrare emotivamente, incidere la parola nel segno e
nel disegno. Una rilettura fisica e mentale che si fa spazio spirituale. Così
la formulazione delle quattordici stazioni della Via Crucis si pone come
guida ermeneutica (che è l’arte dell’interpretazione). Nell’arte
“ricordare” significa
ripercorrere un destino con la mente,
con lo sguardo e col cuore - dove il destino «è
ciò che attua la logica di Dio nella logica della salvezza»
(Gianfranco Ravasi) - reinterpretando una dimensione scritturale
trascendente qual è quella evangelica. Paola
Campidelli dimostra una forte capacità di adesione e fedeltà
all’essenziale, a quel nucleo che dà risonanza alla parola scritta.
L’Artista trasfigura e modella ogni scena nelle sfumature di un segno
che si fa pittura automatica. Perché l’artista è colui che mantiene
vigile la coscienza nella complessità strutturale della narrazione. Quattordici
emblematiche tavole di introspezione e riflessione dove VEDERE
oltre il guardare significa penetrare nei diversificati livelli emotivi. L’arte
si riconferma, così, quale magica strumentazione concessa all’uomo per
gettare un ponte fra noi e l’invisibile. La “nostra” Artista ha il
dono di saper amplificare le iridescenze del “verbo” donandogli nuove
potenzialità di guida allo sguardo. Le
quattordici stazioni della Via Crucis si pongono come EXEMPLUM
per
una rinnovata “comunione d’amore” nell’esempio alto di Cristo che
fonde in se stesso le due volontà: quella divina e quella umana. Questi
fogli sensibili si pongono come frammenti in un percorso espressivo che è
pagina rinnovata, intreccio fra arte, storia, fede e memoria. In
questa mostra manca “volutamente” quel «salto
ontologico» di cui parla Joseph Ratzinger – Benedetto XVI nel suo
libro Gesù di Nazaret, la “Risurrezione”,
che è tavola di “luce piena”. La
Risurrezione è evento che innalza, che infrange le tenebre, che
chiude l’ombra nell’abisso e ci eleva in una dimensione spirituale
futura, dove la “pausa” è necessaria, oltre la dimensione del
“dolore”, tema principe affrontato oggi in queste quattordici
stazioni. Perché l’ascensione, come scrive Benedetto XVI «non è un andarsene in una zona lontana del cosmo, ma è la vicinanza permanente» ed eterna al Padre.
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